La notte di San Giovanni
credenze, miti e riti abruzzesi
del Natale d’estate
di Luciano Troiano
domenica 23 giugno 2024
h. 17,30
Borgo case Troiano (zona motorizzazione – PE)
Informazioni: 331/6796820 – www.fontevecchia.org
Foto 1: La danza attorno al fuoco prima del salto assieme alla persona scelta come “compare”
ÈGabriele D’Annunzio, in
La figlia di Jorio del 1904, che riporta l’esclamazione di Ornella, la giovane contadina «
E domani è San Giovanni, fratel caro; è San Giovanni. Su la Plaia me ne vo’ gire, per vedere il capo mozzo dentro il sole all’apparire, per veder nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire», il sole, infatti, raggiungendo la sua massima declinazione positiva sull’equatore celeste, ci regala il miracolo del giorno più lungo e della notte più breve.
Foto 2: L’altare dedicato a San Giovanni Battista nella chiesa della SS. Trinità a Case Troiano
La notte di San Giovanni, come la conosciamo oggi, tramandataci dai nostri nonni, ripresa in questi anni soprattutto con finalità commerciali e teatralizzata ad uso del pubblico che si è allontanato dalla mistica del sacro, ha origine da riti antichissimi: nella “giovinezza dell’umanità” che aveva “intuizione del divino“ come lo descrive Gennaro Finamore, il papà dell’antropologia culturale abruzzese secondo cui la notte di San Giovanni è un “monumento di età anteriore alla storia, che il tempo ha intaccato, ma non distrutto”.
Foto 3: L’altare devozionale, a Case Troiano, con San Giovannino, ramajetti e conca dell’acqua
Il solstizio d’estate, per i babilonesi, rappresentava il matrimonio del Sole con la Luna. La Luna, dea delle acque, e dominatrice del segno del Cancro che inizia proprio con il solstizio, vengono fecondate dal Sole.
Festa di origine senza dubbio pagana, che ha sempre coinciso con il solstizio d’estate. Nel corso del rito si accendevano grandi fuochi, a case Troiano, il compito di organizzare il falò con gli scarti delle potature degli alberi era compito dei figli maschi e il più grande tra di loro, con il caratteristico forcone a tre punte, accendeva e controllava la pira sorvegliando che eventuali lucciole non si spargessero per i campi, una volta che le fiamme si abbassano i compari saltano assieme sopra le braci ancora vive mentre i resti di questi fuochi si spargevano negli orti e riportavano a casa in segno di devozione.
Il cristianesimo ha inglobato miti e riti precedenti assimilandoli e dando loro nuove funzioni. Ecco che la festa del San Giovanni, oltre il fuoco presenta un altro elemento vitale: l’acqua che rimanda al battesimo: Gesù Cristo, infatti, è stato battezzato proprio dal Battista nelle acque del Giordano. Sempre a Case Troiano, in occasione della festa, si allagava una buca che, nell’orto, era utilizzata per la raccolta dell’acqua piovana e, in quella notte, veniva attraversata da coppie di persone che volevano stringere il rapporto del comparatico.
Foto 4: Processione con coperta in seta azzurra a simboleggiare l’acqua del Giordano
Il rituale è quello del “Ramajetto” che sulle colline di Spoltore, nel Pescarese, è radicato e vivo. Coppie di donne o uomini, “commari e compari” si scambiano simbolicamente un mazzetto di nove erbe legate con un fiocco rosso, richiamo al sangue di San Giovanni decollato, “bagnandole nell’acqua della fontana che si trova d’innanzi alla chiesa del santo. Con questo rito si rinnova un rapporto di amicizia e solidarietà reciproca, nel quale ci si impegna a rispettarsi e aiutarsi per la vita, divenendo “compari a fiori” (cumpar a fiùre): un rapporto addirittura più forte di quello tra parenti.
Nel corso della notte solstiziale, numerosi sono i riti legati alle proprietà magico-curative e benefiche dell’acqua e della rugiada – la uàzza – che cade durante la notte di San Giovanni, ritenuta portentosa ed efficacissima per curare ogni tipo di dolore fisico (come i reumatismi) oppure per irrobustire la capigliatura delle donne e per scongiurare in loro l’emicrania. A questo scopo, era d’uso recarsi nel folto di un canneto a pettinarsi i capelli con la rugiada depositata sulle lunghe e taglienti foglie.
Foto 5: La conca con l’acqua di San Giovanni che contiene fiori di lavanda e che sarà bevuta dopo la benedizione, da parte del prete, dai novelli compari che si sono scambiati il ramajetto
Danilo Borri sottolinea che “Nella notte precedente San Giovanni anche molte erbe diventavano magiche, acquisendo qualità medicinali. Per esempio la vitalba veniva usata per intrecciare delle corone che si mettevano in testa per curare l’emicrania, oppure per creare delle cinture che, legate intorno ai fianchi, avrebbero combattuto i dolori reumatici, muscolari e addominali (in quest’ultimo caso a Sulmona). I fiori di felce venivano raccolti in un fazzoletto posto sotto una pianta, che poi veniva cucito per confezionare un talismano dalle proprietà apotropaiche ma anche coercitive: i possessori di questo talismano avrebbero potuto piegare la volontà delle persone e ottenere così ogni sorta di favori. Altre erbe erano usate per preparare dei decotti: sambuco, malva, assenzio, menta… tutti rigorosamente raccolti prima dell’alba. Dai rami di olmo si ricavava un olio utilizzato a mo’ di balsamo per capelli. Si andava anche in campagna o nei boschi per “impaurire” gli alberi da frutto e intimare loro di garantire un buon raccolto dicendo: «O me djìe o te djìenghe!» colpendo il tronco con il capo dell’accetta e girando tre volte intorno all’albero ripetendo la minaccia”.
“In quella sera si mangiavano le lumache con la credenza che mangiando le corna del gasteropode, simbolo della discordia, si sarebbe favorita la riappacificazione tra familiari e amici” specifica Paolo Portone. Ed ancora “Era la notte il momento più propizio per raccogliere determinate erbe officinali, quando donne sapienti, fattucchiere, guaritrici ed herbarie (o erbane) si recavano nei campi e negli orti per fare incetta di iperico, ruta e artemisia, come risulta dai documenti dei tribunali che le portarono a giudizio con l’accusa di essere al servizio del Diavolo. Le domine herbarum erano ben consapevoli che le erbe come l’iperico, la salvia, la ruta, il prezzemolo, raggiungevano il loro tempo balsamico, cioè il momento di maggior concentrazione del loro principio attivo, in specifici periodi dell’anno, come la notte tra il 23 e il 24 giugno, ideale per la raccolta delle più comuni e usate piante della farmacopea popolare. A San Giovanni era poi tradizione acquistare o procurarsi dell’aglio, per propiziare un anno di salute e di prosperità. Per favorire la ricchezza inoltre si raccomandava di cogliere alla mezzanotte un ramo di felce e di tenerlo in casa. Altra tradizione assai diffusa era la raccolta della drupa verde delle noci per preparare il nocino ma che nella sua lavorazione bisognava prestare grande attenzione a non usare attrezzi di metallo. Era diffusa tra le ragazze l’usanza di porre sotto il guanciale le cosiddette “erbe di San Giovanni”, legate in mazzetto in numero di nove, tra queste indispensabile era l’iperico, che si diceva fosse in grado di far sognare “il volto del futuro sposo”. E ancora, che le acque si tramutassero in sostanze preziose e che gli animali favellassero, mentre era possibile vedere in cielo il passaggio delle streghe dirette al noce di Benevento per la più celebrata”.
Foto 6: Particolare di un Ramajetto
Tra i riti più celebri, e ancora presenti, splendidamente documentati dall’antropologo
Emiliano Giancristofaro in una memorabile puntata di
Storie del Silenzio, troviamo l’abluzione nel Liri degli abitanti di
Civitella Roveto (AQ). Alle quattro del mattino, lo scoppio di tre fuochi nel cielo sveglia i fedeli che si recano in massa sulla riva del fiume che attraversa il paese, immergendo le gambe, segnandosi la fronte e raccogliendo acqua da riportare a casa. Terminato il rito e la solenne messa sulla riva, i civitellesi raggiungono la piazza del centro storico del paese alle prime luci dell’alba, dove si terrà un’asta (allora in lire) per decretare la fortunata quadriglia che avrà l’onore di portare la statua del santo.
Il momento topico della notte di San Giovanni era lo spuntare del sole, sulla riva del mare, all’alba del 24 giugno. Si assisteva a questo spettacolo con la convinzione di vedere apparire la testa di San Giovanni nel disco solare. In particolare, si diceva che la testa del santo, ancora intrisa di sangue dopo la decapitazione, si lavasse specchiandosi nell’acqua marina.
Fonti:
- Gotico abruzzese.it di Danilo Borri
- Art a Part of Culture di Paolo Portone
- Storie del silenzio: La notte di San Giovanni di Emiliano Giancristofaro
- Credenze, usi e costumi abruzzesi di Gennaro Finamore
- Usi e costumi abruzzesi descritti da Antonio De Nino
- Storia e culto di San Giovanni Battista nella Marsica Espressione24 di Americo Tancredi
- Fotografie: Archivio fotografico Associazione Fontevecchia di Spoltore (Pe)
Allegato:
La notte di San Giovanni.pdf